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Miniera di Montevecchio


Miniera di Montevecchio

Storia della miniera di Montevecchio

La miniera di Montevecchio si trova nel Sud Sardegna tra i territori di Guspini ed Arbus e il centro abitato di appartenenza si chiama Gennas Serapis, frazione di Guspini. Il complesso minerario è di notevole importanza nella archeologia industriale ed è definito “parco geominerario storico e ambientale della Sardegna” all’interno della rete GEO-PARKS dell’UNESCO. Appartengono al complesso di Montevecchio diversi cantieri, un centro abitato e relativi servizi, sedi dirigenziali e villaggi di operai. È inoltre caratterizzato dall’attività estrattiva, detto filone di Montevecchio, di blenda e galena, in breve zinco e piombo, che si estende per più di 10 km (circa 12), in parte estratto anche dalla miniera di Ingurtosu. 

È in Genna Serapis che risiedeva l’amministrazione della miniera, e si trova in un altopiano tra i più elevati della zona. Il complesso contava: gli appartenenti alla dirigenza mineraria e le cariche più importanti delle compagnie (varie si sono susseguite), vari palazzi adibiti ad alloggi per gli operai, il palazzo della direzione con una cappella, dedicata a Santa Barbara a loro accessibile, e altri uffici dirigenziali, i servizi, quali caserma dei carabinieri, ospedale, scuole, un ufficio postale, un laboratorio chimico, un ufficio geologico, cinema e campo da calcio a cui apparteneva la squadra locale Montevecchio. Il centro è ancora abitato da poche centinaia di persone ed è frazione di Guspini, invece le case di Sa Tanca fanno parte di Arbus. Nel periodo più florido del centro minerario, la popolazione superò i 3000 abitanti.

È importante circoscrivere le zone a cui i diversi cantieri della miniera appartenevano: 

  • a Est di Genna Serapis erano situati i cantieri di Piccalinna e di Sant’Antonio, dove vi erano anche diversi villaggi operai, tra cui più importante, il villaggio Righi (nella strada da Gennas ad Arbus). Qui si trova il Pozzo Sartori, del 1941, con una profondità di 288 m.
  • a Ovest di Gennas Serapis vi erano i cantieri di: Sanna, Telle e Casargiu; a Ovest di Casargiu si trovava il compendio di Ingurtosu.

Il complesso minerario di Montevecchio è stato annoverato tra le più produttive d’Europa e le sue radici sono ascrivibili all’epoca romana, mentre la chiusura definitiva della miniera si ebbe nel 1991. Si afferma che nel periodo più antico che riguarda la miniera di Montevecchio, i romani iniziarono dei lavori di estrazione con gli strumenti del tempo, semplicemente con delle lucerne e dei piccoli secchi utilizzati per trasportare il minerale dai piccoli pozzi scavati nella roccia. Vi sono poi dei ritrovamenti dell’800, che identificano 2 pompe romane in piombo, caratterizzate da delle “bocchelle” in bronzo, di cui una dotata persino di meccanismi in legno al suo interno; forse una di queste fu portata e conservata a Parigi. Probabilmente anche nel medioevo l’attività estrattiva di Montevecchio fu portata avanti, continuando poi anche nel 700. Nel 1750 l’imprenditore svedese Carl Gustav Mandel si interessò dei siti sardi facendo costruire una fonderia a Villacidro (tra i primi esempi di attività industriale della regione) facendo scavare buche poco profonde nella zona. Dopo la sua morte le attività di scavo proseguirono sia a livello statale (gestita da Belly) volute dall’autorità sabauda, che a nome di privati, che ebbero delle piccole concessioni per portare avanti gli scavi. Queste furono attività che indubbiamente non arrivarono all’importanza produttiva che Montevecchio ebbe a partire dagli anni 50’ dell’800. 

L’origine più attinente allo sviluppo della miniera di Montevecchio, la si deve all’intraprendenza di un prete sassarese chiamato Giovanni Antonio Pischedda, che recatosi nel guspinese, si interessò del sito e nel 1842 iniziò ad effettuare i primi scavi; poi recatosi a Marsiglia, tentò di trovare dei soci per creare una società e ottenere la concessione dei territori interessati e poter avviare l’attività estrattiva, qui conobbe il sassarese Giovanni Antonio Sanna, con cui riuscì nell’intento, costituendo la “Società per la Coltivazione della Miniera di Piombo Argentifero detta di Montevecchio” ma dopo breve tempo, il prete sassarese si allontanò dalla stessa. Nel 1848 ebbe comunque la gestione delle 3 concessioni chiamate semplicemente: Montevecchio I ; Montevecchio II ; Montevecchio III. Erano dei terreni di forma quadrata di lato 2 km, quindi la società possedeva complessivamente 3 terreni larghi 2 km e lunghi 6 km, che si estendevano dalle pendici dei colli ad Ovest di Guspini, verso Est ad Ingurtosu. La prima società che si insediò a Montevecchio, si interessò inizialmente dei filoni metalliferi emergenti dal suolo, precisamente nelle località di Gennas Serapis e Casargiu; ma a Casargiu i lavori terminarono prima e vennero abbandonati, così la società si interessò ai cantieri ad Est e furono aperte delle “gallerie a giorno” ovvero dei lavori di estrazione in orizzontale, lavorando direttamente sulla parete rocciosa. Venne poi realizzata la prima laveria stabile chiamata “laveria Rio” nella zona orientale, all’inizio degli anni ‘50 dell’800, che sfruttava in parte il moto del Torrente Rio e un motore a vapore; era utilizzata per lavorare il materiale estratto dalle gallerie limitrofe. Sempre nello stesso periodo vennero realizzati i primi edifici abitativi stabili nel centro di Gennas Serapis, assegnati ai dirigenti e i maggiori rappresentanti della società; nel 1865 si attesta che la Montevecchio contasse più di un migliaio di operai ed era la più grande del Regno d’Italia. Nel 1878 sotto la direzione di Alberto Castoldi (genero di Giovanni Antonio Sanna, che sposò la figlia Zelí) furono terminati i lavori di costruzione della ferrovia Montevecchio Sciria-San Gavino Monreale, iniziati 5 anni prima, per il trasporto del minerale estratto. Dopo la laveria Rio venne costruita la laveria Sanna, localizzata nella zona occidentale del sito che poi cambiò nome in “laveria Eleonora d’Arborea” a causa di contrasti interni all’amministrazione societaria, ma più avanti, una volta deceduto l’originario fondatore, venne intitolata nuovamente a lui. La laveria Sanna venne dotata di strumentazioni migliori della laveria Rio; era localizzata precisamente in una stretta valle formata dal rio Montevecchio, e fu criticata anche per la zona in cui venne costruita a causa dell’infestazione di zanzare qui presenti, ma anche per la poca praticità e accessibilità alla valle. Il 1877 fu l’anno in cui nacque la terza laveria, detta “laveria Principe Tomaso”, nome dato dall’omonimo principe sabaudo, che nello stesso anno visitò i vari cantieri e inaugurò la struttura. La nascita della laveria Principe Tomaso era stata valutata da tempo, infatti precedentemente si pensava di trasferire la laveria Rio nella zona, ma poi si decise di costruirne una nuova, che inizialmente era composta da 4 fabbricati affiancati e un motore a vapore al suo interno con strumentazione adatta alle misurazioni sotterranee (gravimetria). La più vecchia laveria Rio venne abbandonata nel 1897 anno in cui la laveria Principe Tomaso ebbe dei potenziamenti alla sua produzione, in contemporanea alla realizzazione di una nuova laveria chiamata “laveria Lamarmora” situata nel cantiere di Telle; era di dimensioni inferiori alle precedenti e serviva i cantieri ad Ovest.

Pochi anni prima si ebbe la costruzione di un ospedale detto di Gennas Serapis, che in quegli anni veniva descritto come uno dei più moderni della regione. Ne parla Carlo Corbetta a partire dal 1877 nella sua pubblicazione “Sardegna e Corsica”. La struttura era divisa al piano superiore in 4 ampie camere con 9 posti letto ciascuna e aveva meccanismi di ricambio dell’aria e un sistema costituito da dei binari che permetteva di spostare i letti più agevolmente, in questo modo le persone più importanti relative alla gestione della miniera, potevano essere trasportate in altre sezioni ospedaliere più agevolmente ed evitando di disturbare altri pazienti. 

Anche la costruzione del Palazzo della Direzione ebbe inizio in quegli anni, dove era progettata da Giovanni Antonio Sanna, anche la chiesa dedicata a Santa Barbara (patrona dei minatori) ma l’edificio risultava troppo ampio per le esigenze del posto e fu quindi ridimensionato; al suo posto venne costruito un palazzo che comprendeva gli uffici dirigenziali, un appartamento per il direttore e annessa un’ampia cappella. Nel 1875 venne a mancare il fondatore (Giovanni Antonio Sanna) e vi furono dei contrasti fra parenti riguardo l’eredità e l’amministrazione della miniera, ma l’amministrazione di Montevecchio venne comunque portata avanti dagli eredi, che acquisirono altre piccole miniere ed essi ottennero dei buoni riscontri fino agli anni ‘20, cambiando nome in “Miniere di Montevecchio”. 

Dopo la prima guerra mondiale arrivò un periodo di crisi, causato dalla grande depressione del 1929 e 4 anni più tardi la società si ritrovò a non riuscire più a gestire proficuamente i lavori estrattivi; l’ampliamento con la costruzione della Fonderia di San Gavino Monreale, così dopo aver accumulato notevoli debiti, la società propose un concordato preventivo (richiesta di diritto fallimentare) con 43 milioni di lire dalla Montecatini e Monteponi. Le società furono distinte e affidate rispettivamente: le miniere a Montecatini e la metallurgia a Monteponi; la nuova società fu così chiamata Montevecchio società anonima mineraria.

Nel 1939 la società cambiò nome in Montevecchio SIPZ (società italiana del piombo e dello zinco), anno in cui si ebbe la maggior produzione mineraria. L’arrivo del secondo conflitto mondiale ebbe un rallentamento produttivo interessato alla miniera, e anche la visita di Mussolini nel 1942 non sortì alcun effetto. In quegli anni di guerra, mentre si costruiva un campo di volo a Sa Zeppara (frazione di Guspini), gli operai adibiti alle officine della miniera vennero addetti alle manutenzioni degli aerei. Dopo il definitivo armistizio di Cassabile nel 1943, la produzione mineraria fu quasi bloccata, a causa dei gravi danni in cui il paese riversava, e molti servizi dovettero sopperire a queste condizioni, infatti officine e laboratori chimici vennero utilizzati per più scopi, come la semplice produzione di sapone. Terminata la seconda guerra mondiale le attività minerarie ripresero e nel 1948 ci fu la celebrazione dei 100 anni dalla nascita della miniera. Vi furono migliorie e potenziamenti dell’intero sito, che interessarono l’estrazione e le opere civili di complemento, venne costruita una diga intitolata a Guido Donegani; le produzioni maggiori si ebbero in questo periodo e la società divenne la maggior produttrice di piombo e zinco d’Italia. Questo florido periodo durò fino agli anni ‘60 e nel 1962 la società venne assorbita dalla Monteponi, divenendo “Monteponi e Montevecchio”.

In seguito, nel 1965 ci fu l’acquisizione della miniera di Ingurtosu perché la società che la gestiva, Pertusola ebbe abbandonato il sito perché esaurito. Nel 1966 , la fusione tra Montecatini ed Edison, portò alla gestione “Montedison” cessando quella di Montecatini, ma la società si dimostrò meno interessata all’attività estrattiva della miniera. Nel 1971 venne nuovamente incorporata da un’altra società, la “Sogersa” ovvero dalla“EGAM” e dall’Ente Minerario Sardo. La produzione mineraria fu ridotta perché ebbe dei problemi legati allo sfruttamento delle risorse minerarie e si puntò a mantenere l’occupazione. Nel 1976 la EGAM venne liquidata e Sogersa venne invece assorbita dall’ Eni attraverso la SAMIM (azienda finanziaria) ma non vi erano buone prospettive lavorative e nel 1980 il personale venne messo in Cassa integrazione guadagni. Nel 1984 ripartirono alcune coltivazioni attraverso dei fondi erogati dallo stato e dalla regione. Nel 1986, dopo che l’ENI espresse la volontà di separare il settore metallurgico da quello minerario, il secondo confluì nella SIM (Società Italiane Miniere) ma la situazione lavorativa rimase la stessa causando la sempre maggiore preoccupazione da parte degli impiegati. Nel 1991 si ricordano gli scioperi e l’occupazione del Pozzo Amsicora, dove i lavoratori attesero per 27 giorni al suo interno, protestando per preservare il proprio impiego, e si arrivò ad un accordo il 17 maggio, che portò comunque alla chiusura definitiva della miniera di Montevecchio. 

Dopo diversi anni di restauri (che portarono ad ottenere il Premio Eden 2011) nella miniera di Montevecchio e grazie anche all’inserimento del sito, tra quelli che fanno parte della denominazione “Parco Geominerario della Sardegna”, oggi è visitabile e fruibile da turisti e visitatori, inoltre, grazie a 4 percorsi diversi all’interno del sito, si possono apprezzare la storia legata ai minatori e alla miniera. I punti più rilevanti prevedono la visita nel lussuoso palazzo della direzione, nei cantieri, nelle case dei minatori, le officine, fonderie, depositi minerari e il particolare cantiere di Piccalinna.


Informazioni

Comune

Arbus

Indirizzo

SP66, 27, 09030 Montevecchio SU , Italia

Come arrivare

Partendo da Cagliari, si può preferire il percorso breve della E25 e continuare nella SS130; in zona di Decimomannu virare a destra e immettersi nella SS196, da percorrere interamente fino a Guspini. Infine immettersi nella SP4 brevemente per poi prendere la SP66 che porterà a destinazione a Montevecchio.

Accessibilità

orari: accessibili dal sito web  

telefono: 070 973173 / 338 459 2082

e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 

sito web: http://www.minieramontevecchio.it/

Adatto ai portatori di disabilità

Informazione non disponibile

Stagioni consigliate


Notizie varie

L’aeroporto di Sa Zeppara fu un centro militare importante legato alla miniera di Montevecchio, in quanto molti operai delle officine della miniera parteciparono ai lavori manutentivi e di sviluppo degli aerei, principalmente di Macchi M.C.205V. Gli operai quindi appresero tecniche di alto livello che permise loro di diventare i più qualificati dell’intero paese. Quando l’aeroporto di Monserrato subì perdite che portarono lo stesso ad una situazione di svantaggio nella guerra, l'aeroporto di Sa Zeppara divenne il centro più importante, a livello regionale, di revisione e manutenzione aerea fino alla fine del conflitto. Questo è provato dai registri della manutenzione della Macchi dove attestava che circa 40 lavoratori parteciparono alla revisione e messa a punto di questi aerei.


Mappe

Coordinate geografiche

APP GEO Sard GIS

APP Google Earth

39.55724972882163,8.571849119696191

Per saperne di più

  • Foto tratte dal sito: https://parcogeominerario.sardegna.it/la-grande-miniera-di-montevecchio/ e https://parcogeominerario.sardegna.it/la-grande-miniera-di-montevecchio/